Un uomo intrappolato tra visioni di mondi lontani e l’attesa di un destino inevitabile.
L’Oblò e l’Oblio: Il Viaggio di un’Anima tra Sogno e Realtà

C’era una volta un uomo, sospeso nel tempo e nello spazio, la cui esistenza si consumava in un minuscolo angolo dell’universo, all’interno di una piccola cabina su una nave senza nome. Il suo mondo era racchiuso da quattro pareti, con un solo punto di contatto con l’esterno: un oblò. Attraverso quel vetro circolare, l’uomo osservava il mondo, o forse era il mondo che osservava lui, imprigionandolo in una danza silenziosa tra il presente e l’infinito.
Ogni giorno, si avvicinava all’oblò con la stessa ritualità, come se fosse la sua unica connessione con la vita che scorreva fuori. Da quel piccolo cerchio di vetro, il mondo sembrava più grande, più vasto di quanto avesse mai immaginato, eppure così distante e irraggiungibile. I suoi occhi, stanchi ma ancora curiosi, seguivano il movimento delle onde, l’ondeggiare delle nuvole, e il lento passare del tempo.
Ma cosa stava veramente guardando? Era la realtà che gli si presentava davanti, o era solo una proiezione della sua mente, una creazione di quel misto di solitudine e disperazione che ormai era divenuto il suo compagno quotidiano? Ogni riflesso, ogni raggio di luce che penetrava l’oblò sembrava distorcere la sua percezione, portandolo in un limbo tra il sogno e la realtà.
La Prigionia dell’Anima
L’uomo si chiedeva spesso se fosse davvero sveglio o se stesse vivendo un sogno eterno, uno stato d’oblio da cui non c’era via d’uscita. La sua mente, una volta brillante e piena di idee, ora si ritrovava a vagare in un deserto di pensieri frammentati, incapace di distinguere il vero dal falso, il concreto dall’immaginario. Ogni giorno, l’oblò era il suo unico intrattenimento, la sua unica fonte di connessione con un mondo che sentiva di aver perso per sempre.
L’attesa era la sua unica certezza. Ma di cosa stava aspettando, esattamente? Un destino crudele o una liberazione dolce? Non lo sapeva, eppure continuava a guardare, sperando che una risposta gli arrivasse da quel panorama in continua evoluzione. Ma le risposte non arrivavano, e il tempo continuava a scorrere, indifferente alle sue domande.
Un Viaggio Interiore tra Realtà e Illusione
L’uomo iniziò a riflettere sulla sua vita passata, sulla sua identità e sul significato della sua esistenza. Ogni ricordo si affacciava alla sua mente come una visione, fluttuando davanti ai suoi occhi come immagini riflesse sull’acqua. Tuttavia, più cercava di afferrare quei ricordi, più si dissolvevano, sfuggenti come ombre al tramonto. Gli sembrava di vivere in un sogno, un sogno dal quale non riusciva a svegliarsi. La sua realtà era diventata una prigione, una gabbia d’oro in cui il tempo era l’unico vero carceriere.
In quei momenti, l’uomo si perdeva in speculazioni esistenziali. Chi era lui veramente? Era un esploratore, un viaggiatore nel mare del nulla, o solo un naufrago in balia delle onde del tempo? E quel mondo al di là dell’oblò, era reale o solo un miraggio, una proiezione della sua mente desiderosa di una via d’uscita? Il confine tra realtà e illusione si faceva sempre più sottile, fino a diventare quasi indistinguibile.
La Consapevolezza dell’Oblio
Col passare del tempo, l’uomo cominciò a comprendere che il suo vero viaggio non era al di fuori di quella cabina, ma all’interno di sé stesso. L’oblò, che inizialmente gli sembrava una finestra sul mondo, si rivelava ora uno specchio che rifletteva la sua anima, con tutte le sue paure, i suoi desideri e le sue angosce. L’oscurità dello spazio esterno non era che un riflesso del vuoto che sentiva dentro di sé.
Fu allora che l’uomo si rese conto che l’oblio non era una condanna, ma una parte inevitabile del suo cammino. Era un abisso in cui sarebbe dovuto sprofondare per trovare finalmente pace. La sua attesa non era più rivolta verso un futuro incerto, ma verso una fine che accoglieva con rassegnazione e, in un certo senso, con gratitudine.
La Fine dell’Attesa
Il tempo, che fino a quel momento era sembrato infinito, cominciò a scorrere più velocemente. Ogni attimo divenne prezioso, ogni sguardo attraverso l’oblò un’occasione per salutare quel mondo che presto avrebbe lasciato. Ora, l’uomo non temeva più l’oblio; lo accoglieva come un vecchio amico, un compagno di viaggio che l’avrebbe condotto oltre il confine dell’esistenza.
Alla fine, l’oblò smise di essere il suo rifugio e diventò il portale verso l’ignoto. L’uomo si avvicinò un’ultima volta al vetro, osservando il mondo con occhi nuovi, privi di paura e di dolore. In quel momento, comprese che il vero viaggio non è quello che si compie nel mondo esterno, ma quello che si intraprende dentro di sé, alla ricerca del proprio significato, della propria essenza.
Quando chiuse gli occhi, l’oblio lo accolse dolcemente, come un abbraccio che aveva aspettato per tutta la vita. Non c’era più bisogno di attendere. Il viaggio era finito, e con esso, anche il dolore dell’incertezza e della solitudine. L’uomo era finalmente libero.
In questa narrazione, l’oblò rappresenta il sottile confine tra la realtà e l’illusione, tra la vita e la morte. È una metafora del viaggio interiore che ciascuno di noi deve intraprendere per trovare il vero significato della propria esistenza. La storia esplora temi universali come la solitudine, l’attesa e l’accettazione dell’oblio, offrendo una riflessione profonda su ciò che significa essere umani e sul nostro inevitabile destino.
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