Que Viva MexicoQue Viva Mexico

Avventure gastronomiche con il diabete tra burritos, piccante e indici glicemici: una sfida a colpi di insulina e sapori esplosivi.

Trama:
Un racconto d’avventura tra Messico e gestione del diabete: tra risate, insulina e piatti speziati, un viaggio culinario che sfida i limiti della glicemia. Riso incluso!


La glicemia segnava 132. E io, appoggiato a una tavola traballante di legno grezzo a Oaxaca, fissavo un piatto fumante di arroz rojo, profumato di cumino e aglio, contornato da fagioli neri e una cascata di queso fresco.

La mia avventura in Messico era iniziata come tutte le cose importanti della vita: per caso. Un biglietto comprato in preda a un attacco di FOMO, una valigia riempita più di sensori che di vestiti, e una missione: scoprire se il cibo messicano potesse convivere con la mia compagna di viaggio più fedele e fastidiosa, la signora T1D, ovvero il diabete di tipo 1.

Capitolo 1: Il guacamole della discordia

Il primo impatto col Messico fu un pugno al naso: profumo di mais tostato, carne alla brace e musica ovunque. E io, con la glicemia già ballerina per l’emozione, tentavo di non svenire nel mercato di Coyoacán.

“Provalo, è senza zucchero!” mi diceva Juan, il ragazzo del banco del guacamole, porgendomi una tostada. L’avocado sembrava innocuo, ma sapevo che i carboidrati si nascondono ovunque, come scorpioni dietro le pietre. Dopo cinque secondi avevo già il microinfusore in mano.

Capitolo 2: I burritos sono rotondi, la glicemia no

La vera sfida arrivò a Guadalajara, durante una cena improvvisata con un gruppo di viaggiatori. Ordinarono burritos. Io mi limitai a leggere l’etichetta mentale degli ingredienti: tortilla (carboidrati), riso (altri carboidrati), fagioli (carboidrati bonus), carne (ok), panna acida (chi se ne importa, è grasso!).

Infilai il sensore nel braccio con una mossa da ninja e lanciai un sorriso. “Sì, dai, un morso lo provo.”

Tre ore dopo, il mio sensore danzava come una slot machine: 89, 114, 160, 198, 212.

Panico. Correzione con insulina. Attesa. Ripetizione. Notte insonne.

Il giorno dopo, mentre ridevo con occhi stanchi e occhiaie modello calavera, capii una cosa: non è il burrito a ucciderti. È il riso. Sempre lui, traditore.

Capitolo 3: Il riso dell’anima

Fu a San Cristóbal de Las Casas che incontrai Lupe, una chef locale specializzata in cucina sin azúcar. Aveva una figlia con il diabete e capiva. Preparava chiles en nogada senza zuccheri, tortillas de nopal, e soprattutto: arroz alternativo. Usava cavolfiore tritato, spezie, e un tocco di lime. Sembrava riso, non lo era. Sembrava un miracolo, lo era davvero.

“Il segreto non è cucinare senza carboidrati, ma cucinare con intelligenza,” mi disse, mentre misuravo una glicemia perfetta post-pranzo. 98.

Mi insegnò che il cibo non è nemico, è dialogo. Serve ascolto, rispetto e tanta ironia.

Capitolo 4: Tequila e tempismo

Poi venne il giorno del tequila party. E io, da bravo italiano all’estero, feci la figura dell’eroe tragico: “Io non bevo.”

Risate. Spiegazioni. Sguardi solidali.

Alla fine brindai. Un solo bicchierino. Con timing chirurgico e glicemia stabile. E sai una cosa? La tequila, in piccole dosi, non fa male alla glicemia. Ma ti insegna una grande verità: l’avventura con il diabete non è evitare tutto, ma scegliere cosa vale davvero.

Capitolo 5: Il riso finale

L’ultima sera, a Tulum, tornò lui. Il riso. Ma stavolta lo affrontai da cavaliere templare del pancreas.

Porzione piccola. Abbinamento con proteine. Pre-bolo 15 minuti prima. Camminata post cena. Sorveglianza da falco.

E fu la pace.

Glicemia post-prandiale: 117.

Esultai. Da solo. Sotto le stelle. Con il rumore del mare e il sapore del Messico in bocca. Era solo riso, ma era la mia vittoria personale.


Conclusione:

Viaggiare con il diabete è come cucinare senza ricetta: bisogna improvvisare, sbagliare, correggere, ma sempre con passione. Il cibo messicano può essere un successo o un fallimento… soprattutto il riso. Ma ogni errore è un racconto. Ogni picco glicemico è un confine attraversato. E ogni pasto ben gestito è una piccola, grande rivoluzione.

Questa è la mia avventura. E tu, sei pronto a sfidare il tuo burrito interiore?


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Hasta Luego
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Di Roberto Lambertini

Roberto Lambertini è nato a Bologna il 4 settembre 1961. Fin da giovane è stato appassionato di lettura, libri e informazione.