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La coercizione riproduttiva è una forma sottile e insidiosa di violenza di genere che ha iniziato a ricevere maggiore attenzione solo negli ultimi anni. Spesso non viene riconosciuta come tale, poiché si manifesta attraverso comportamenti che mirano a controllare le scelte riproduttive di una persona, limitandone l’autonomia. Questa forma di abuso può riguardare il controllo sull’uso della contraccezione, la decisione di portare avanti o interrompere una gravidanza, ed è particolarmente diffusa in contesti di relazioni intime o familiari. Anche se la sua prevalenza è ancora sottostimata, i dati emergenti indicano che è molto più comune di quanto si pensi.

In tutto il mondo, i diritti riproduttivi e la giustizia sono al centro di dibattiti politici, ma per molte persone, la minaccia più grande alla loro autonomia riproduttiva non proviene dalle istituzioni o dalle leggi, bensì dai loro partner, familiari o persone vicine. La coercizione riproduttiva è una forma unica di abuso che si interseca con altre forme di violenza domestica e familiare, ma che si distingue per l’uso della capacità riproduttiva di una persona come arma di controllo.

Cos’è la coercizione riproduttiva?

La coercizione riproduttiva si verifica quando una persona tenta di controllare le decisioni riproduttive di un’altra utilizzando mezzi fisici, sessuali, emotivi o psicologici. Questo tipo di abuso può assumere molte forme, tra cui:

  • Fare pressioni per avere un figlio quando l’altra persona non lo desidera.
  • Impedire l’uso della contraccezione, distruggere o manipolare metodi contraccettivi.
  • Costringere qualcuno ad abortire o a portare avanti una gravidanza contro la propria volontà.

Le vittime di coercizione riproduttiva sono principalmente donne, ragazze e persone LGBTQIA+, ma questa forma di violenza può colpire chiunque, indipendentemente dal genere o dall’orientamento sessuale. Solitamente, i perpetratori sono partner intimi, genitori o membri della famiglia, persone che esercitano un controllo su chi si trova in una posizione di vulnerabilità.

Secondo l’Australian Study of Health and Relationships, una donna su 20 ha dichiarato di aver subito comportamenti di controllo legati alla contraccezione o alla gravidanza. Tuttavia, gli esperti concordano sul fatto che questo dato rappresenti solo una frazione della realtà, poiché molte persone non riconoscono immediatamente questi comportamenti come abuso o non sono pronte a denunciare.

Coercizione riproduttiva e violenza domestica: una connessione invisibile

Sebbene la coercizione riproduttiva condivida molte caratteristiche con la violenza domestica e familiare, essa si distingue per l’uso del controllo sulla salute riproduttiva come forma specifica di manipolazione. Questo tipo di abuso trasforma la capacità riproduttiva di una persona in un’arma di potere, limitando la sua autonomia fisica e decisionale.

In Australia, casi di coercizione riproduttiva sono stati identificati in numerosi episodi di violenza domestica che hanno portato a morti. Tuttavia, nonostante la sua gravità, questa forma di abuso non viene sempre riconosciuta come tale nelle politiche e nei programmi di prevenzione della violenza di genere. Una recente revisione del governo australiano sugli approcci per prevenire la violenza di genere non ha menzionato la coercizione riproduttiva, un’assenza che mette in luce quanto ancora ci sia da fare per affrontare questa problematica.

Le lacune nei dati e l’importanza della ricerca

Uno dei principali problemi nel combattere la coercizione riproduttiva è la mancanza di dati e di una consapevolezza diffusa. Studi come l’Australian Study of Health and Relationships vengono condotti solo ogni dieci anni e offrono solo un quadro limitato della situazione. La prevalenza della coercizione riproduttiva è probabilmente molto più alta di quanto riportato, poiché molte vittime non sono consapevoli di essere vittime di abuso o scelgono di non parlarne.

Inoltre, le indagini su larga scala non riescono sempre a catturare le forme più sottili di manipolazione o di pressione emotiva che caratterizzano questo tipo di abuso. Spesso, la coercizione riproduttiva viene confusa con la violenza sessuale o non viene riconosciuta come parte di un modello più ampio di violenza domestica.

Un ulteriore problema riguarda la mancanza di rappresentazione nelle indagini di gruppi vulnerabili come le popolazioni indigene, le persone con disabilità, i migranti e i rifugiati, e le comunità LGBTQIA+. Le esperienze di queste persone sono spesso invisibili nei dati disponibili, rendendo difficile sviluppare politiche e programmi che rispondano alle loro esigenze.

Le sfide per il futuro: verso una maggiore consapevolezza e prevenzione

Per affrontare efficacemente la coercizione riproduttiva, è necessario un cambiamento significativo nelle politiche e nelle pratiche sanitarie. Le indagini e le misurazioni devono essere sviluppate in collaborazione con le persone che hanno vissuto queste esperienze e devono essere inclusive delle diverse comunità che possono essere colpite da questa forma di violenza.

In questo contesto, un team di ricercatori dell’Università di Melbourne e di La Trobe sta sviluppando una nuova misura per rilevare con maggiore precisione la coercizione riproduttiva e confrontare la sua prevalenza a livello internazionale. Questo strumento sarà testato in contesti di salute materna e infantile, dove ostetriche e infermieri sono in una posizione ideale per identificare e supportare in modo sicuro le vittime di abuso.

Tuttavia, per garantire il successo di tali interventi, è fondamentale che gli operatori sanitari ricevano una formazione adeguata e che le domande poste per identificare la coercizione riproduttiva siano progettate con cura per evitare di esporre ulteriormente le vittime a pericoli.

Conclusione: un futuro di giustizia riproduttiva

La coercizione riproduttiva è una forma di violenza di genere che merita maggiore attenzione nell’attuale dibattito globale sui diritti riproduttivi e sulla giustizia. È fondamentale che i governi e le organizzazioni investano in ricerca, politiche e programmi che affrontino direttamente questa problematica, garantendo che tutte le persone abbiano il diritto di prendere decisioni informate e autonome riguardo alla loro salute riproduttiva. Solo attraverso un impegno concertato possiamo sperare di porre fine a questa forma di violenza e promuovere un futuro di giustizia riproduttiva per tutti.

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Di Roberto Lambertini

Roberto Lambertini è nato a Bologna il 4 settembre 1961. Fin da giovane è stato appassionato di lettura, libri e informazione.

2 pensiero su “Coercizione riproduttiva: una forma invisibile di violenza di genere”
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