Un chip ottico dell’Université Laval promette di rivoluzionare l’intelligenza artificiale: mille gigabit al secondo con un consumo energetico quasi nullo. Una svolta per data center più verdi e veloci.
Un caffè, 100 milioni di libri e un futuro più sostenibile
C’è chi in sette minuti riesce a malapena a svegliarsi, e chi – come i ricercatori dell’Université Laval – trasferisce l’equivalente di 100 milioni di libri. Non si tratta di magia, bensì di fotonica, silicio e un pizzico d’ingegno canadese. Il team del Centre for Optics, Photonics and Lasers (COPL) ha firmato un’innovazione pubblicata su Nature Photonics che potrebbe cambiare il volto dell’intelligenza artificiale: un chip ottico in grado di trasmettere dati alla velocità vertiginosa di 1.000 gigabit al secondo, riducendo al minimo il consumo energetico.
E non è fantascienza: è un capello di silicio, letteralmente. Un chip spesso come un capello umano che sfrutta non solo l’intensità della luce, ma anche la sua fase. Questo sfasamento, spesso ignorato, viene ora usato come veicolo informativo, moltiplicando la capacità di trasmissione e l’efficienza complessiva.
“Stiamo passando da 56 a 1.000 gigabit al secondo”, spiega con entusiasmo il dottorando Alireza Geravand, primo autore dello studio. “È come sostituire un tubo dell’acqua con una cascata”.
Fotoni al posto di elettroni: quando la luce guida l’AI
La chiave sta nei modulatori a micro-anelli, piccolissimi anelli in silicio che modulano la luce per trasmettere informazioni. Due coppie lavorano in sinergia: una regola l’intensità, l’altra la fase. Il risultato? Dati che volano, letteralmente, e con una spesa energetica ridicola: appena 4 joule, abbastanza da scaldare un millilitro d’acqua di un solo grado Celsius.
Per chi ha familiarità con le potenze di calcolo richieste dall’intelligenza artificiale, questo è l’equivalente di passare da una locomotiva a vapore a un treno a levitazione magnetica. I data center odierni, che gestiscono l’addestramento di modelli AI come ChatGPT, si estendono per chilometri, consumano montagne di energia e producono calore come centrali a carbone. Il chip dell’Université Laval promette una comunicazione tra processori che sembra avvenire a distanza ravvicinata, anche se fisicamente lontani.
Un futuro più verde per l’intelligenza artificiale?
Questa tecnologia non è (ancora) nei nostri smartphone o laptop, ma il mercato inizia a fiutare l’affare. NVIDIA, per esempio, utilizza già modulatori a micro-anelli, anche se per ora limitati all’intensità luminosa. L’approccio completo, intensità più fase, è la vera rivoluzione.
“Dieci anni fa abbiamo posto le basi. Oggi siamo pronti a trasformare il settore”, afferma Geravand. “E tra qualche anno, forse, l’industria ci seguirà”.
E se così sarà, potremmo assistere a una nuova era dell’AI: non solo più veloce, ma anche più sobria, più efficiente, più… umana? In un’epoca in cui la sostenibilità è moneta rara, riuscire a insegnare a un’intelligenza artificiale a imparare senza mandare in tilt il pianeta potrebbe essere la più brillante delle trovate.
Un team da Nobel?
A firmare l’impresa, oltre a Geravand, ci sono i ricercatori Zibo Zheng, Farshid Shateri, Simon Levasseur, Leslie A. Rusch e Wei Shi. Tutti membri di un laboratorio che, tra anelli di silicio e onde luminose, ha messo in crisi l’assunto più noioso del digitale: “più veloce = più energivoro”.
Ora non più. Ora la luce pesa poco e vale tanto.
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