Dalle maison di lusso alle imprese di onoranze funebri, prende piede anche in Italia un mercato di abiti pensati per la vestizione delle salme, ispirati a rituali antichi ma rivisitati in chiave contemporanea.
C’è un detto antico che recita: “Non ci portiamo nulla nell’aldilà”. Vero, ma pare che almeno il viaggio lo si stia iniziando a curare con un certo stile. In Italia, infatti, sta prendendo corpo un nuovo e sorprendente filone della moda: quello dedicato alla vestizione delle salme. Una realtà che fino a ieri poteva sembrare quasi grottesca, oggi viene proposta con serietà da alcune maison internazionali e, a catena, da imprese funebri che si stanno attrezzando per offrire linee di abiti dedicate.
Non si tratta di un’invenzione completamente nuova. In molte culture, specialmente in Asia e in India, l’abito funebre ha da sempre un significato profondo, legato a simboli religiosi, sociali e identitari. Nel mondo occidentale, invece, ci si è accontentati per secoli di vestire i defunti con abiti “da vita”, spesso scelti dalla famiglia in base ai ricordi o ai desideri espressi in vita. Ma il passo compiuto oggi è diverso: non si tratta più di adattare un abito di uso quotidiano, bensì di indossare capi pensati appositamente per l’ultimo saluto.
Dall’Oriente al Vecchio Continente
La moda funebre che oggi sbarca in Italia trae ispirazione da tradizioni millenarie. In India, ad esempio, la vestizione funebre segue un rituale preciso, con colori e tessuti che richiamano purezza e rinascita. In Giappone, le kimono bianchi per i defunti raccontano il passaggio verso il mondo spirituale. In Cina, il rosso, che per i vivi è colore di festa, è invece bandito nei funerali, mentre prevalgono tonalità sobrie.
Le maison europee hanno colto questa sensibilità e l’hanno reinterpretata. Si parla di tessuti naturali e biodegradabili, di linee semplici e prive di eccessi, ma anche di ricami che richiamano simboli spirituali o universali. Un equilibrio tra estetica, rispetto e sostenibilità.
Il business della morte
Il settore funerario in Italia muove ogni anno miliardi di euro. Non sorprende dunque che il mondo della moda, sempre attento a nicchie e nuove tendenze, si sia accorto del potenziale di questo segmento. Se il lusso ha imparato a colonizzare ogni momento della vita – dal battesimo al matrimonio – perché non pensare anche al congedo finale?
Le prime proposte parlano chiaro: collezioni capsule dedicate, con prezzi che variano dai 300 ai 2000 euro per un completo funebre firmato. Cifre non certo popolari, ma giustificate dal prestigio del marchio e dall’idea che l’ultimo ricordo visivo del caro estinto meriti cura e attenzione.
Tra sacro e profano
La questione, però, non è solo economica. Tocca corde profonde: il modo in cui una società affronta la morte rivela molto della sua cultura. Per alcuni, questa nuova moda appare come un’ennesima mercificazione del sacro. Per altri, invece, è un segno di rispetto, un modo per restituire dignità e armonia al corpo nella fase più delicata del commiato.
In passato, anche in Italia, esistevano abiti “da morto”. Erano semplici, spesso tuniche bianche o abiti religiosi. Con il tempo questa tradizione si è persa, sostituita dalla scelta di vestiti “civili”. Il ritorno di una linea dedicata potrebbe dunque essere letto come un recupero in chiave contemporanea di antiche usanze.
Moda e sostenibilità, anche da defunti
Un altro elemento che spinge il settore è la crescente sensibilità ecologica. Alcuni brand hanno già presentato tessuti che si decompongono naturalmente, senza rilasciare sostanze nocive nel terreno. Si parla di fibre vegetali, canapa, cotone biologico, seta grezza. Perfino urne e bare vengono abbinate in un concetto di design integrato: abito, cofano, rituale.
Questo approccio incontra la domanda di una fascia di pubblico che non vuole solo un funerale “classico”, ma desidera lasciare un’impronta coerente con i valori vissuti in vita.
La risposta delle imprese funebri
Le agenzie di onoranze funebri non sono rimaste indifferenti. Alcune hanno già firmato accordi con case di moda per fornire collezioni dedicate, offrendo cataloghi da sfogliare ai familiari al pari di fiori e arredi funebri. La logica è quella del “servizio completo”: non solo sepoltura, ma anche immagine, estetica, coerenza stilistica.
In città come Milano e Roma, epicentri della moda, si registrano le prime collaborazioni ufficiali. Il fenomeno, seppur di nicchia, sembra destinato a crescere, soprattutto nelle aree urbane e nei contesti sociali più abbienti.
Un tabù che cade
L’idea di “vestire il morto” con un capo apposito non è facile da digerire per tutti. La morte resta un tema che molti preferiscono evitare, figuriamoci se abbinato a logiche commerciali. Ma proprio qui sta la forza della moda: infrangere tabù, aprire conversazioni, creare nuove abitudini.
Non è detto che in futuro questa tendenza diventi mainstream. È probabile, però, che resti come segmento di lusso, di ricerca estetica, destinato a chi vuole curare ogni dettaglio, anche quello dell’addio.
Una moda che parla di noi
In fondo, ciò che scegliamo di indossare racconta chi siamo. Se questo vale per la vita, perché non dovrebbe valere per la morte? Il confine tra sacro e profano, tra business e rito, resta sottile. Ma forse questa nuova moda funebre ci obbliga a interrogarci su quanto di noi vogliamo lasciare impresso nell’ultimo ricordo.
Conclusione
Che sia un abito bianco ispirato alle tradizioni asiatiche, un completo biodegradabile dal design minimal o un capo firmato da una maison del lusso, la moda funebre apre un dibattito che intreccia estetica, cultura, etica e mercato. Forse è solo una tendenza passeggera, forse diventerà un nuovo standard. Di certo, ci ricorda che la morte non è mai stata così… alla moda.
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