L'indice di intensità turistico-ricettiva ha analizzato lo squilibrio tra hotel e abitazioni nelle zone più frequentate di Kyoto. Credito Haruka Kato, Università Metropolitana di OsakaL'indice di intensità turistico-ricettiva ha analizzato lo squilibrio tra hotel e abitazioni nelle zone più frequentate di Kyoto. Credito Haruka Kato, Università Metropolitana di Osaka

L’antica capitale del Giappone si trova al centro di una crisi silenziosa: in alcune aree ci sono più camere d’albergo che famiglie residenti. Una ricerca rivela i rischi di una turisticizzazione incontrollata.

L’enigma di Kyoto: più hotel che case, il turismo diventa un paradosso urbano

C’era una volta Kyoto, città di templi, silenzi, kimono, lanterne rosse e contemplazione. Ora c’è ancora, ma dentro una veste nuova, cucita con i fili intrecciati del turismo globale. E se il turismo porta linfa economica e aperture culturali, cosa accade quando diventa eccessivo? Se a ogni famiglia residente corrisponde, numericamente, almeno una camera d’albergo… siamo ancora dentro una città o in una vetrina abitata da valigie?

Un recente studio firmato dalla professoressa associata junior Haruka Kato dell’Università di Kyoto — pubblicato su Annals of Tourism Research Empirical Insights — analizza con precisione chirurgica questo fenomeno. Il dato che più impressiona? In sei quartieri dell’area sud-orientale del centro storico, l’indice di “intensità turistico-ricettiva” ha superato la soglia critica di 1,0. Tradotto: ci sono più camere d’albergo che famiglie.

Dove il turista è più presente del residente

L’analisi di Kato si basa su un rapporto tanto semplice quanto eloquente: il numero di camere disponibili per i turisti rispetto al numero di famiglie residenti. Quando questo rapporto supera 1, il segnale è d’allarme. E Kyoto, gioiello del turismo mondiale con i suoi oltre 50 milioni di visitatori all’anno, non è più in equilibrio.

I punti caldi rilevati nello studio si trovano proprio laddove la città mostra il suo volto più accessibile: vicino agli snodi del trasporto pubblico, come le stazioni principali. La comodità per i turisti si trasforma in pressione per i residenti, che si vedono sottrarre spazi abitativi, silenzi e servizi.

Il nodo sociale della turisticizzazione

C’è chi parla di overtourism, chi di gentrificazione, chi — più brutalmente — di invasione. Ma al di là delle etichette, resta una certezza: la turisticizzazione, se non regolata, erode il tessuto sociale e culturale delle città. I residenti si spostano, gli affitti aumentano, i negozi tradizionali chiudono, lasciando spazio a minimarket, souvenir e catene internazionali.

Kyoto, con la sua delicatezza storica e il suo equilibrio millenario, rischia di diventare un parco tematico. “Occorrono politiche di zonizzazione efficaci,” afferma Kato. “Serve una pianificazione urbana che protegga le aree residenziali, soprattutto nei pressi delle stazioni e dei punti di accesso principali”.

Un monito per le città d’arte nel mondo

Il caso Kyoto non è un’eccezione. Venezia, Barcellona, Firenze, Amsterdam: sono molte le città che convivono con un afflusso turistico superiore alle proprie capacità ricettive naturali. La lezione della città giapponese è chiara: occorre un bilanciamento tra accoglienza e vivibilità.

Kyoto, pur nel suo splendore, sta gridando in silenzio. Una città non vive solo di presenze registrate e recensioni online. Vive di relazioni, radici, famiglie, scuole, botteghe, quartieri che respirano la vita quotidiana. Quando il turista diventa più numeroso dell’abitante, qualcosa si spezza.

Dalla bellezza all’abisso: come tornare indietro

La soluzione? Non è vietare. È regolare. È disegnare una mappa della città che tenga conto delle esigenze di chi arriva, ma soprattutto di chi resta. Politiche di contenimento, limiti al numero di strutture ricettive, incentivi all’abitazione residenziale, tutela dei negozi di prossimità: sono queste le chiavi per non perdere l’anima.

Kyoto non deve diventare una città da cartolina abitata solo dai turisti. Può restare un luogo di bellezza condivisa, se saprà riscoprire il proprio cuore urbano, umano, quotidiano.


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Di Roberto Lambertini

Roberto Lambertini è nato a Bologna il 4 settembre 1961. Fin da giovane è stato appassionato di lettura, libri e informazione.

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