Tra etichette, date e buonsenso: come leggere correttamente le informazioni sui prodotti alimentari e vinicoli per evitare sprechi e consumare in sicurezza, valorizzando la qualità made in Italy
Le regole del cibo e del vino: l’importanza di leggere bene le etichette
Ogni giorno milioni di consumatori fanno la spesa fidandosi delle etichette dei prodotti alimentari. Eppure, pochi conoscono davvero la differenza tra “data di scadenza” e “termine minimo di conservazione” (TMC). Questa distinzione, apparentemente tecnica, influisce in modo diretto su sicurezza, qualità e sostenibilità. In Italia, dove la cultura del cibo e del vino è parte integrante dell’identità nazionale, comprendere queste regole significa anche difendere un patrimonio gastronomico e ambientale unico.
L’Unione Europea, attraverso il Regolamento (UE) n. 1169/2011, stabilisce norme precise in materia di informazione al consumatore. Tuttavia, la confusione resta diffusa, tanto che secondo il Ministero dell’Agricoltura quasi il 20% dello spreco alimentare domestico deriva proprio da una cattiva interpretazione delle date riportate sui prodotti.
Data di scadenza: il confine della sicurezza
La “data di scadenza” è quella che compare con la dicitura “da consumarsi entro”. Indica il limite oltre il quale un alimento può diventare pericoloso per la salute. Si applica a prodotti altamente deperibili, come carne, latticini, pesce fresco e piatti pronti. Una volta superata questa data, anche se l’aspetto del prodotto sembra buono, non va assaggiato né utilizzato.
Nei controlli sanitari, questa differenza è fondamentale. In Emilia-Romagna, ad esempio, il Servizio Sanitario Regionale (AUSL) effettua verifiche periodiche sulle imprese alimentari per accertare che la catena del freddo venga rispettata e che la data di scadenza sia sempre correttamente etichettata. Il rispetto delle normative tutela sia i consumatori sia i produttori onesti.
Termine minimo di conservazione: il confine della qualità
Il “termine minimo di conservazione”, indicato con la formula “da consumarsi preferibilmente entro”, riguarda invece la qualità del prodotto, non la sicurezza. Significa che, dopo quella data, l’alimento può perdere parte delle proprietà organolettiche – gusto, consistenza, aroma – ma resta comunque sicuro da mangiare, se conservato correttamente.
Questo vale per alimenti secchi, in scatola, pasta, riso, conserve, biscotti e anche per molti vini imbottigliati. Nel caso dei vini bianchi leggeri o degli spumanti, il TMC può indicare il periodo ottimale di consumo per mantenere freschezza e fragranza. Per rossi importanti o vini da invecchiamento, invece, la qualità può migliorare nel tempo, purché le condizioni di conservazione siano ideali.
Cibo e vino: un legame tra tradizione e responsabilità
Nel panorama enogastronomico italiano, il binomio tra cibo e vino rappresenta molto più di un abbinamento di sapori: è un simbolo di cultura. In Emilia-Romagna – terra di Lambrusco, Pignoletto, Parmigiano Reggiano e Prosciutto di Parma – la valorizzazione della qualità è strettamente connessa alla corretta conservazione dei prodotti.
Molti produttori locali si impegnano a indicare sulle etichette suggerimenti di consumo e conservazione che vadano oltre gli obblighi di legge, offrendo al consumatore strumenti per compiere scelte consapevoli.
Conservare correttamente: il ruolo della temperatura e della luce
Spesso l’effetto della conservazione è sottovalutato. Anche il miglior vino può alterarsi se esposto a calore o luce diretta, così come un formaggio DOP può deteriorarsi se non mantenuto alla giusta temperatura.
Le linee guida principali sono:
- Conservare i prodotti deperibili a temperature sotto i 4°C.
- Evitare sbalzi termici e luce diretta per vini e oli.
- Riporre alimenti secchi in luoghi asciutti e ventilati.
- Una volta aperta la confezione, rispettare le istruzioni riportate.
Seguendo queste semplici regole, si allungano la vita e la bontà dei prodotti, riducendo al minimo gli sprechi.
Spreco alimentare: un problema anche etico
L’Agenzia ENEA stima che ogni anno in Italia finiscono nella spazzatura oltre 65 chili di cibo per persona. Gran parte di questo è dovuta alla confusione tra scadenza e TMC. Pane, pasta, biscotti o conserve vengono buttati mentre sarebbero ancora perfettamente commestibili.
Le campagne di sensibilizzazione che promuovono la distinzione tra le due diciture mirano anche a rafforzare l’economia circolare. In diverse regioni italiane, tra cui l’Emilia-Romagna, sono stati introdotti incentivi e collaborazioni tra supermercati e associazioni del Terzo Settore per il recupero del cibo “preferibilmente entro” da destinare a famiglie e comunità in difficoltà.
La normativa europea e le nuove prospettive
Nel 2025 la Commissione Europea ha proposto un aggiornamento alla direttiva sui rifiuti alimentari: l’obiettivo è ridurre del 30% gli sprechi entro il 2030. Tra le misure previste, la semplificazione delle etichette e l’introduzione di pittogrammi chiari e universali.
Questo aiuterà i consumatori, anche in Paesi con differenti livelli di alfabetizzazione alimentare, a comprendere al primo sguardo se un prodotto è ancora consumabile o meno. In Italia, si stanno sperimentando nuovi sistemi digitali di tracciabilità tramite QR code, che potranno fornire in tempo reale informazioni su provenienza, filiera e conservazione ottimale.
L’educazione alimentare come chiave del futuro
Capire le differenze tra scadenza e TMC significa adottare una mentalità più sostenibile e responsabile. Le scuole, le associazioni dei consumatori e le istituzioni possono giocare un ruolo cruciale. In Emilia-Romagna, dove l’educazione al gusto è già parte dei programmi scolastici in alcune province, il passo successivo sarà introdurre anche l’educazione alla lettura delle etichette.
Saper leggere un’etichetta equivale a saper leggere la storia di un prodotto, dalla provenienza all’impegno del produttore fino al rispetto per il territorio.
Una scelta quotidiana che protegge il pianeta
Sostenibilità, qualità e salute sono i tre pilastri di una buona alimentazione. Conoscere le regole del cibo e del vino non è solo una questione di buonsenso, ma un atto di responsabilità verso sé stessi e il pianeta.
Ogni volta che si evita di buttare un alimento “preferibilmente entro”, si contribuisce alla riduzione delle emissioni di CO₂ e si sostiene un modello agroalimentare più equo e circolare. In una regione come l’Emilia-Romagna, dove eccellenze gastronomiche e vitivinicole sono simbolo identitario, il rispetto di queste regole diventa parte di una cultura diffusa del valore del cibo.
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